La Casa Per Bambini Speciali.
Come avrete capito dalla foto, oggi vi delizierò con una recensione di una lettura, non molto fresca (ahimé), ma che in occasione dell’uscita della sua trasposizione al cinema (tim burton) ho sentito il dovere di parlarne con voi. Ho avuto il piacere di leggere questo libro nel lontano novembre 2011, dopo un’estenuante attesa.
Già assuefatta dalle foto antiche e terribilmente tetre che circolavano già da un po' sul sito dell’autore Ransom Riggs e la mia particolare passione per il grottesco, era diventata una vera e propria ossessione per me.
La trama della storia è molto semplice, anche se particolareggiata con il susseguirsi delle vicenda. Si inizia con uno spaccato storico: il giovane Jacob e Abe, il nonno del ragazzo. Abe ha letteralmente educato il nipote con pane e fantasia, raccontandogli storie di avventure e di mostri, storie in cui Jacob ha creduto fermamente fino a che, una volta cresciuto - come è plausibile che sia - ha etichettato quegli stessi racconti come le farneticazioni di un povero vecchio bacucco che ha solo bisogno di attenzioni: in particolare, le ultime storie sono la confessione della sua infanzia, di quando viveva insieme ad altri bambini in un orfanotrofio diretto da Miss Peregrine, in Irlanda. La confessione si fa forza attraverso le foto, che il vecchio mostra al nipote.
Il loro rapporto si incrina ulteriormente fino a quando Abe viene ritrovato morto dietro casa, in apparenza attaccato da cani randagi ma Jacob sa ciò che ha visto, un essere spaventoso nel bosco che il cervello e, in seguito, lo psichiatra riassumeranno in "stress post traumatico". In colpa per non avergli prestato ascolto quando poteva, parte con il padre in Irlanda, alla ricerca delle radici di quelle storie, e dove farà la conoscenza dei bambini speciali, bambini rinchiusi per sempre in una dimensione spazio tempo che li tiene al sicuro da quasi un secolo.
Fateci sapere cosa ne pensate. xoxo
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